La prima sostanza nutritiva di cui i mammiferi si servono è, sin dalla nascita, il latte della propria mamma; per animali come i cani o i gatti il periodo cosiddetto dello svezzamento inizia all’incirca dalla quinta o sesta settimana quando la mamma inizia a diminuire lentamente le quantità di latte per i propri piccoli. Per quanto concerne l’essere umano il consumo di latte continua oltre lo svezzamento e sull’efficacia dell’assunzione di latte dopo il periodo dello sviluppo, si è aperto un dibattito nella comunità scientifica. Alcune ricerche negli ultimi anni ha portato nuove evidenze sugli effetti dell’assunzione di latte sull’organismo. Una ricerca del 2013 della Harvard University ha criticato le linee guida americane che indicano in tre porzioni o tazze sia per adulti che per adolescenti dai 9 ai 18 anni, la quantità giornaliera di latte scremato o parzialmente scremato ottimale. Questo perché il latte con queste caratteristiche ha si un ridotto contenuto di grassi animali, ma anche un apporto molto alto di zuccheri; ciò potrebbe contribuire alla diffusione dell’obesità, specialmente in territori come gli Stati Uniti che sono per questa patologia al primo posto nella classifica mondiale.
Chi è concorde con questa teoria sostiene che l’uomo non ha necessità nutrizionali di bere latte oltre lo svezzamento da bambino e che il calcio può essere assunto da altre fonti. Sardine, crostacei e molluschi, cicoria, cavoli, broccoli, indivia, bieta, semi di sesamo, aringa, soia, fichi, asparagi, farina di segale, mandorle, avena, sono tutti alimenti che contengono buone fonti di calcio, insieme alle acque calciche, e che possono essere introdotti nell’alimentazione per soddisfare il fabbisogno di questo nutriente.
Associare tra l’altro la prevenzione del rischio di fratture o di osteoporosi, specialmente nei soggetti di sesso femminile, alla massiccia assunzione di calcio risulta alquanto avventato dato che sono numerosi i fattori che possono contribuire alla riduzione del rischio, come l’assetto ormonale, il peso corporeo, l’attività fisica, l’esposizione solare e lo stile di vita in generale.
Vero è che il latte ha un buon quantitativo di calcio ma è sconosciuto ai più il fatto che, essendo un alimento acido, necessita di calcio per il suo smaltimento; quindi se da un lato il latte rilascia calcio, dall’altro lo disperde durante il processo della sua stessa sintetizzazione.
Come detto, il latte materno nel periodo dell’allattamento è fondamentale perché contiene acqua, zuccheri come il lattosio, proteine, grassi, vitamine ed anticorpi propri della specie di appartenenza, ma dopo lo svezzamento nessun mammifero continua a bere latte, neppure quello della propria specie, proprio perchè le esigenze nutrizionali dell’adulto sono completamente differenti da quelle del neonato.
Altro aspetto utile da considerare è che il fabbisogno di calcio varia in base all’ età; durante l’infanzia e l’adolescenza è estremamente importante garantirne un’adeguata assunzione, dopo è certamente meglio assumerlo da alimenti non acidi come frutta e verdura, con i quali non si rischia di disperdere alcuna percentuale di calcio; inoltre anche lo stile di vita sedentario, l’assunzione di alcol e di elevate dosi di caffeina favoriscono la perdita di calcio all’ interno delle ossa.
Ciò che conta, sia per il latte, che per i suoi derivati che, probabilmente per il 90% degli alimenti presenti sulle nostre tavole, è sempre il buon senso: appagare il palato, senza considerare il latte, o nessun alimento, un elisir di salvezza o, al contrario, un nemico insidioso.

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