Scrivo queste righe con il cuore pesante e gli occhi annebbiati dai ricordi e dalle lacrime. Ci sono momenti che, per quanto vorrei, non riesco a scacciare dalla mente. Quei giorni in cui abbiamo scoperto il tumore di mamma sono ancora vividi come se fossero ieri, bruciano.

Agata aveva 6 mesi e, in quei giorni, stavamo programmando il suo battesimo.

Ricordo perfettamente il suo messaggio dopo la visita, ero con mia sorella, lei scrisse a entrambe: “C’è un bel problema, ne parliamo a casa!”. Ho sentito una nausea salire lentamente, avvolgermi e paralizzarmi. Era come se tutto il mondo stesse crollando attorno a me, e io non potevo fare nulla per fermarlo.

La nausea si ripropone ancora a distanza di due anni, ogni volta che mi vengono in testa quei ricordi, quelle braccia nere, l’aerosol sempre attivo, i suoi occhi azzurri da leone in gabbia… cosa non darei per poterla riabbracciare!

Le cure sono state un susseguirsi di false speranze e delusioni, di euforia e di dramma, di dolore e sollievo momentaneo. Ogni trattamento sembrava portare con sé una promessa di guarigione, ma spesso si rivelava solo un’illusione.

Mi sentivo totalmente inutile. Non potevo fare nulla per alleviare il suo dolore, nulla per restituirle la salute. E questa impotenza mi ha divorata dentro. Mi chiedeva di starle vicino, di non lasciarla sola, e io lo facevo, ma sentivo di non fare mai abbastanza, di non avere abbastanza tempo per restituirle almeno la metà di ciò che lei ha dato a me… 

Ora che non c’è più, ogni ricordo di quei momenti mi provoca una stretta al cuore, una sensazione di vuoto che non riesco a colmare.

Nausea.

La sua mancanza è un’ombra costante nella mia vita, un peso che porto con me ovunque vada. Vorrei tanto poterla abbracciare ancora una volta, dirle quanto la amo, quanto mi manca e quanto mi dispiace che la nostra vita insieme sia andata a finire così…

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