A volte il rischio di contraffazioni è tanto maggiore quanto più importante è la notorietà del prodotto. E’ quanto successo alla famosa Mandorla “Pizzuta” di Avola rinomata per essere utilizzata nei confetti proprio per la sua caratteristica forma allungata e schiacciata.
Il “caso” della contraffazione di 2 aziende commerciali che hanno, illecitamente, utilizzato il marchio “Mandorla di Avola” per la produzione dei propri confetti è stato scoperto dal Consorzio di tutela della Mandorla di Avola che ha inviato una segnalazione alla Direzione contro le truffe commerciali del Ministero dell’Agricoltura.
“In entrambi i casi la segnalazione è arrivata da consumatori insospettiti sia dal prezzo che dalla evidente difformità del prodotto in vendita rispetto ai confetti con mandorla di Avola, la cui caratteristica forma piatta e ovale è un primo significativo elemento di riconoscimento. Per eliminare qualsiasi dubbio e documentare in modo scientifico la truffa è stata utilizzata per la prima volta l’analisi del DNA che ha confermato i sospetti dei consumatori” hanno spiegato dal Consorzio.
Il risultato del DNA è stato chiaro e inequivocabile: le mandorle contenute nei confetti segnalati all’autorità competente non hanno niente a che fare con la mandorla di Avola.
Si configura pertanto una truffa in commercio, che per l’art. 515 del codice penale si verifica quando nell’esercizio di una attività commerciale si “consegna all’acquirente una cosa mobile per un’altra, ovvero una cosa mobile, per origine, provenienza, qualità o quantità, diversa da quella dichiarata o pattuita”. La pena prevista è la reclusione fino a due anni o una multa fino a duemila sessantacinque euro.
“È sicuramente un importante passo avanti nella tutela dei consumatori, delle aziende oneste e di un prodotto di eccellenza, frutto di una secolare tradizione di sapienza produttiva dei mandorlicoltori siciliani – ha dichiarato il Presidente del Consorzio, Antonio Scacco. “Per questo consigliamo, prima di acquistare prodotti con la scritta “Mandorla di Avola”, di verificare sempre la presenza del Marchio Collettivo del Consorzio di tutela, che attesta la partecipazione delle aziende al sistema di tracciabilità della filiera”.